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Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσε·
πολλῶν δ' ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω,
πολλὰ δ' ὅ γ' ἐν πόντῳ πάθεν ἄλγεα ὃν κατὰ θυμόν,
ἀρνύμενος ἥν τε ψυχὴν καὶ νόστον ἑταίρων.
ἀλλ' οὐδ' ὧς ἑτάρους ἐρρύσατο, ἱέμενός περ·
αὐτῶν γὰρ σφετέρῃσιν ἀτασθαλίῃσιν ὄλοντο,
νήπιοι, οἳ κατὰ βοῦς Ὑπερίονος Ἠελίοιο
ἤσθιον· αὐτὰρ ὁ τοῖσιν ἀφείλετο νόστιμον ἦμαρ.
τῶν ἁμόθεν γε, θεά, θύγατερ Διός, εἰπὲ καὶ ἡμῖν.
Ci sono storie che richiedono del tempo per essere raccontate. Devono accompagnarmi per un periodo prima che possa scriverne la fine. E non dipende dai miei ritmi, ma da cosa sto affrontando.
Sono quelle storie che scelgono quando e come essere scritte, in cui i personaggi a un certo punto si muovono da soli, marionette libere nel teatro delle mie nostalgie.
Dei freak come Cleo che narrano di me più di quanto sia disposto ad ammettere, senza accettare compromessi, ma alimentando ossessioni. Mostri ambiziosi della mia solitudine. Affamati.
[Nell'accezione latina, monstrum (da monere: avvisare, ammonire) indica il manifestarsi improvviso di qualcosa di straordinario che viola la natura e che, nel contempo, costituisce un ammonimento per l'uomo. Il presagio quindi suscita un senso ambivalente di meraviglia (mirare -> guardare intensamente) e terrore (da terrere-> atterrire, far tremare)]
Il testo e l'immagine di questo post costituiscono due indizi dei lavori in corso. Spero di non dover attendere troppo prima di potervi dare qualcosa in più.