[Mestieri che non fanno curriculum] la stagista


Il governo continua a traballare stabilmente, Roma viene ripulita dagli ultimi cassonetti dati alle fiamme (e che se tutto va bene ci costeranno "solo" qualche decreto squadrista) e trovi Belen in streaming a lisciare manici con poca perizia. Una settimana intensa per la povera Italia.

Ma il segno dei tempi lo ritrovi da un'altra parte, tra le righe, in un articolo del Fatto Quotidiano, dove leggi di una laureata in Design del Politecnico di Milano che s'è sentita dire: “Ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l’arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli”.

E tipo non gliel'ha detto uno scaldapoltrone leghista o un fidanzato troglodita, ma il direttore di Flash Art, all'anagrafe Giancarlo Politi, la prima rivista d'arte in Europa (o almeno così si autodefiniscono), che "offriva" uno stage senza retribuzione, ma con esperienza.

Per fortuna la giovane mignotta... pardon, designer, un lavoro ce l'ha già (in Inghilterra) e ha reso pubblica questa conversazione, per protestare contro un malcostume ormai ben consolidato. Lo stagismo selvaggio è ormai diventata una pratica di gestione delle risorse umane e abbattimento dei costi. Non appena c'è una contrazione delle vendite si affidano torme dei tirocinanti da formare ai dipendenti a tempo determinato, la disgraziata fascia 21-35 della mia generazione (ormai gli ultimi ammortizzatori sociali), e dopo non gli si rinnova il contratto, sostituendoli con carne fresca da 200/300€ al mese (ma anche gratis), carica di disperate speranze - mai ossimoro fu più calzante - destinate a infrangersi di lì alla fine della stagione.

Per i lavori "intellettuali", soprattutto nel settore editoriale, siamo lì lì, ormai cambia poco. Tutto il mondo (del lavoro) è paese. Il concetto è: perché pagare la qualità se si può avere gratis o sottocosto?
E la colpa? C'è una colpa? Gli economisti ci hanno fatto una testa così sulla crisi globale, ma io vedo in alcuni casi più una tendenza, da parte di chi accentra il capitale, a non voler assolutamente rinunciare ai propri privilegi, al proprio stile di vita, a scapito persino del buon andamento delle proprie aziende, con personale in inferiorità numerica, dequalificato e sottopagato. Un navigare a braccio, in attesa di tempi migliori, senza rendersi davvero conto che la furba strategia, diffusasi a macchia d'olio, ha affossato il potere d'acquisto.

E hai voglia, adesso - sempre tirando sul prezzo - a investire nel marketing. Neanche la migliore campagna può riempire i portafogli di una generazione disgraziata.