La bellezza della semplicità


Sono un ragazzo fortunato.
Le ferite di un addio si stanno rimarginando e tutti hanno una cura adatta: chi l'olio, chi il sale, chi l'amputazione diretta dell'arto. L'amore è una materia - una malattia? - affascinante, come la vita del resto.
Ognuno ha la soluzione migliore, pur nella parzialità del metodo induttivo (quello che partendo da singoli casi particolari produce una legge universale).

Ho due amici, o almeno, per il momento, mi concedo il piacere di definirli così, quasi coetanei tra loro e di una generazione informatica precedente alla mia, capaci di produrre perle di saggezza grezze, da veri guru spirituali (pur magari non applicandole nemmeno loro).

Poi ieri a Venezia, all'uscita di un hotel sciccosissimo a due passi dal red carpet (e zeppo di star circondate da paparazzi, costrette a fuggire in posa - come statue calamitate - da torme di paparazzi), dopo aver assistito alla prima di un corto concettuale di 8 minuti dal potentissimo effetto soporifero, con un paio di amici sono andato a passeggiare in riva al mare.

E stasera, dopo aver grattato un po' le croste dal petto e assorbito i consigli frettolosi dell'ennesimo guru improvvisato, ho capito una profonda verità (e perdonate il tono scurrile, che tendo a evitare sul blog):

Al mare non gliene frega un cazzo.

Di me, di voi, di tutto.
E considerarlo materia inerte è presunzione antropocentrica, ma evitiamo di andare sul trascendentale.

Al mare non gliene frega un cazzo.


E con questo non voglio dire che adesso farò come il mare, che tutti dovremmo fare come il mare, che il mare è il palliativo miracoloso delle pene d'amore o che nel mare troverò la mia strada, o che mi darò alla pesca di marlin. Le verità assolute sono semplici, pur rimanendo soggette alla relatività (ma un po' meno), e a me rasserenano l'anima, come un buon mantra.

Tutto qui, non cercateci ragionamenti complicati, dietrologie, insulti velati... questo è un post sulla bellezza della semplicità, con Louise Brooks per madrina.
Tutto qui.