Chiariamoci subito: Fast Five è un capolavoro, ma anche una gran porcata.
La trama è un disastro, la Guantanamo delle sceneggiature: una tortura. Ve la racconto giusto per darvi un'idea.
Dominic Toretto (Vin Diesel) è stato pizzicato e deve scontare 25 anni di carcere; O'Conner, l'ex poliziotto ora suo futuro cognato, lo aiuta ad evadere. Stacco. Finiamo a Rio, mastro lindo, la sorellina e il cognatino sono al verde e tentano un assalto a un treno in corsa per rubare tre auto. Una di queste contiene la mappa dei depositi monetari del boss della mala locale. La sorella porta via il chip con i preziosi dati, mentre la coppia di bulli viene catturata dal supercattivo.
Questi li tortura a morte per ottenere le informazioni, poi va dalla sorella incinta, la sbudella per il gusto di scoprire il sesso del nascituro e torna a casa pippandosi un tiro di coca.
Ovviamente non è andata così, i personaggi (come la forza di gravità, del resto) in questa pellicola seguono regole tutte loro. Vanno e vengono quando gli pare, senza altra logica che quella di legare con lo sputo una serie di spettacolari sequenze d'azione.
Ora vi spiego come mai sia un capolavoro...
Dovrò pur pagare le bollette... |
Ero circondato.
Eppure non mi sono - quasi - accorto del teatrino che mi circondava.
E qui sta la natura di capolavoro di Fast Five.
Il susseguirsi di scene al cardiopalmo, che mescolano blocchi di trama di Ocean's Eleven, The Italian Job, e una serie di ovvi riferimenti ai precedenti capitoli, in una elementare serie di ammiccamenti, presentano un gruppo di co-protagonisti multi-etnico e invulnerabile (muore solo un inutile pirla, a prova di qualsiasi identificazione. Si sente puzzo di agnello sacrificale sin dalla prima scena in cui compare). L'effetto immedesimazione è garantito per qualunque tipologia di spettatore.
La trama procede a livelli di difficoltà, senza una vera e propria connessione causa-effetto. Le scene di spiegazione sono semplici, rapide, funzionali ad evitare che il pachiderma alla mia destra si strozzi con i pop-corn e alla fidanzatina alla mia sinistra di riprendere fiato dopo aver raccontato al compagno la seduta dal parrucchiere del pomeriggio.
Il pubblico tace quella precisa manciata di secondi e riprende, ordinato, a sghignazzare, chiacchierare, ruminare, esattamente un attimo prima che i potenti bassi della colonna sonora riempiano la sala preannunciando l'ennesima corsa d'auto o l'attesa scazzottata tra Vin Diesel e Dwayne Johnson.
Non ci sono punti oscuri, tutto procede con chiarezza, nonostante la totale assenza di logica.
Scena di semplice interpretazione: personaggio femminile vomita
Domanda idiota dello spettatore (ad alta voce): ma è incinta?
Risposta confortante -> comparsa femminile: "lui lo sa?"
A prova di idiota. La perfezione del vuoto assoluto.
Il cinema come luna-park per una massa indistinta.
Il montaggio visivo come arte di prevedere le reazioni inconsulte di uno spettatore con la soglia di attenzione di un girino.
La colonna sonora come correttivo al rumore.
Fast Five, da questo punto di vista, è semplicemente perfetto.