Ritorno al paese delle meraviglie...

Alice, Tim Burton

Alice in Wonderland di Tim Burton è un film Disney: la trama è solida, ma lineare, forse troppo... i meccanismi sono evidenti sin dall'inizio e così il percorso di autoaffermazione della protagonista, come un esercizio ben riuscito di organizzazione delle funzioni narrative della favola in cui ogni attante svolge perfettamente il suo ruolo, e il protagonista compie diligente lo schema contratto, competenza, performanza, sanzione (se non vi è mai capitato di prendere in mano un testo di semiotica narrativa, qui c'è quanto può servire a farsi un'idea).

Alice in Wonderland di Tim Burton non è un film Disney, e l'avrete capito dalla scena in cui la giovane protagonista balza tra le teste mozzate nel lago di sangue che riempie il fossato attorno al castello della regina rossa. Vi sarà stato evidente dal profilmico "dark & twisted", nella migliore tradizione del maestro di Burbank, ma soprattutto, e qui vi voglio, dalla complessità di quest'opera.

Lineare, quasi banale, a livello di Storia; denso come catrame e perturbante nel volersi sostituire nella nostra memoria a quell'Alice nel paese delle meraviglie del 1951 a firma di Clyde Geronimi, Wilfred Jackson e Hamilton Luske e alla cui sceneggiatura contribuì anche Aldous Huxley. Ciò è lampante sin dal titolo: identico per entrambe le pellicole, quando si sarebbe potuto optare per un Back in Wonderland. Indizio importante. Burton compie un'opera di decostruzione nichilistica di un classico, estremamente vicina come approccio allo Psycho di Gus Van Sant (un esplicito esperimento di smontaggio quasi infantile nella sua violenza). Il suo Alice è un evidente seguito delle vicende cartoonesche, tali e tanti sono i riferimenti al film animato più che al libro, ma filtrato da un immaginario post-moderno, di meraviglie da riciclo.
La pellicola è un viaggio allucinato e nostalgico dove, tra le pieghe dei ricordi, riemerge un'Alice che è stata, ma che non può più essere e affronta un percorso di abbandono del proprio statuto di eroina ingenua, asessuata e bidimensionale. E non lo compie a livello narrativo, ma nella nostra delusione, nel senso di manchevolezza che ci trasmette quest'opera monca... Burton sotterra il mito del paese delle meraviglie e il suo legame con l'immaginario fanciullesco e gli dedica un funerale in grande stile, tra effetti speciali, un 3D spettacolare e sequenze dal forte impatto scenografico. Nel frattempo, sovrappone diapositive contorte e devianti alle nostre memorie.

Non ce ne accorgiamo, ma alla fine del film Alice se n'è andata per sempre.