Ho colpevolmente atteso l'edizione italiana, dimenticando per un attimo che lo sceneggiatore di questo piccolo gioiello - nonché futuro blockbuster - era la stessa mente dietro Wanted e Civil War, opere fondamentali nella parabola discendente del supereroe americano e del suo processo di destrutturazione avviatosi negli anni '80. Mark Millar, in pieno decadentismo post-Ennis (quando l'allievo supera davvero il maestro), struttura una serie di vicende molto semplici e l'idea di fondo non è neppure così originale, ma come al solito ciò che conta è il modo, soltanto il discorso autoriale. Il supereroe sta tirando gli ultimi, signori, e un ragazzino gracile che si esalta di fronte all'ultima serie degli X-men scritta da Joss Whedon - in pieno gioco intertestuale post-moderno - e poi tenta di emularne le gesta, finendo in ospedale nudo, dopo esser stato accoltellato e investito da un'auto, ne mostra ormai il carattere di aperta finzione. Come possiamo credere a una rinascita di Capitan America dopo che è morto, in stato d'arresto, colpito da un cecchino? Come sopportare la ricomparsa di Thor, quando in Kick-Ass i "super"eroi in costume finiscono con un paio di elettrodi attaccati ai testicoli?
Siamo al crepuscolo e il fumetto americano non è mai stato meglio. E c'è ancora molto da leggere!
Siamo al crepuscolo e il fumetto americano non è mai stato meglio. E c'è ancora molto da leggere!