Cappuccetto Rosso di Stefano Simone

Il lavoro del critico, a mio modesto avviso, è quello d'individuare e studiare le emergenze di un'arte con i dovuti strumenti d'analisi, in modo da apportare un contributo alla ricerca; oppure fornire indicazioni a chi vuole intraprendere il mestiere; niente di più di un buon consiglio, sia chiaro, da prendere con le dovute cautele e con parsimonia, come i grani di sale. Il recensore, invece, ha il compito di dare un giudizio sintetico su un'opera, in modo da giustificare o meno la spesa per l'acquisto del biglietto, del libro, dell'albo a fumetti ecc. Per questo tendo a evitare la recensione, preferendo di gran lunga il lavoro d'analisi e la forma del saggio, oltre all'ormai rara attività giornalistica della pura e semplice informazione.

Premesso questo, il mio commento sul lavoro di Stefano Simone non vuole e non pretende di essere più di un buon consiglio rivolto all'autore. Cappuccetto Rosso è un cortometraggio girato con discreta tecnica e con un montaggio audio-visivo di buona qualità. La macchina da presa però non sfrutta né indaga, anche dove sarebbe necessario, soluzioni dinamiche ormai codificate nel genere (durante la corsa del protagonista del bosco s'avverte la mancanza di una shakey-cam) e l'omaggio - dichiarato - ai maestri del terrore nostrani appare limitato al soggetto e ad alcune soluzioni profilmiche.

La recitazione è uno dei punti carenti, ma l'inesperienza degli attori non è una giustificazione. Si lavora con ciò che si ha, il risultato fa il professionista. E rimanendo in tema di professioni del cinema, si avverte con imbarazzo la mancanza di un dialoghista. Lo spunto di Gordiano Lupi, per quanto suggestivo e interessante, viene a mancare nel processo di adattamento che insiste nel trasferire la forma letteraria nel parlato. Il risultato è un'oggettiva difficoltà degli interpreti a dare credibilità a frasi di per sé artefatte. Gli effetti gore, d'altro canto, hanno quella leggerezza posticcia dell'horror anni '60 e '70; mettono in scena una finzione divertita, grottesca. La funzione di omaggio è evidente e apprezzata.

Simone è un mestierante capace, e la passione è evidente sin dall' interessante intervista (auto)celebrativa a Ruggero Deodato inserita nel dvd come extra. Ora, una volta compiuto il rituale di venerazione, ci si può sporcare le mani e sperimentare, così come fece lo stesso Deodato, che con il suo Cannibal Holocaust sfidò i dettami di un certo modo di fare cinema.