Un manga su Mike Bongiorno

Ovviamente è un fake... rilassatevi. Che epiteti vi saranno passati per la mente prima di leggere queste righe? Forse: "sciacalli!" "Neanche il tempo di seppellirlo e ci fanno i fumetti, che vergogna!", "un manga? Vogliono infangare la memoria di Mike mettendogli aure da super-sayan?", e via discorrendo.

Gli americani producono in tempo record biografie a fumetti, come quelle annunciate da Blue Water Productions su Michael Jackson e Ted Kennedy; non mi esprimo sulla qualità, ma iniziative simili in passato, a volte, hanno saputo omaggiare figure importanti come i maestri del jazz, Martin Luther King e molti altri. Non che il filone manchi nel nostro paese, anzi...

Quello che ci manca è la tempestività... in libreria fra meno di un mese fioccheranno libri, dvd, cd dedicati a uno dei padri fondatori della televisione italiana, alcuni interessanti e completi, altri meno. Un po' come è successo per Jacko: dai cofanetti lusso con tutta la discografia, al film, alle suonerie per cellulare. Il mondo del fumetto italiano invece non si scomoderà... chissà perché. Forse per via di una pregiudiziale di fondo, la stessa che ho espresso io nelle prime righe di questo post: il timore che un prodotto di questo tipo venga sminuito, attaccato, demolito ancora prima di essere pubblicato. Ma sarà proprio così? Una biografia di Mike (magari di autori italiani) a fumetti non andrebbe a ruba sugli scaffali delle edicole o allegata a un quotidiano?

E passiamo al secondo punto: il manga, altro punto scomodo del nostro mercato. La produzione giapponese ha conosciuto una notevole fortuna nel mercato mondiale; nelle edicole Naruto se la gioca con Tex, mentre nelle fumetterie per ogni copia ordinata di Watchmen o Caravan, ne corrispondono 24 della ristampa del numero 11 Death Note. Nonostante siano passati più di vent'anni dall'inizio dell'"invasione" culturale nipponica, sembra permanere (persino negli addetti ai lavori) una pregiudiziale di fondo nei confronti del fumetto e dell'animazione orientali, ritenuti infantili a prescindere (errore che permise alla mia generazione di godersi in fascia protetta capolavori dell'animazione come L'Uomo Tigre e Ken il Guerriero), eppure già a una prima occhiata è evidente l'estrema eterogeneità di generi e temi, e, inutile dirlo, l'enorme successo che hanno nelle fasce di lettori giovani e meno giovani. Non un pubblico infantile, né nerd affetti dalla sindrome di Peter Pan, come alcuni credono (o vorrebbero credere, un po' come la volpe e l'uva), ma semplici lettori. Gli stessi consumatori di telefilm sempre più complessi e appassionanti, di pellicole sempre più spettacolari, ma anche di tv spazzatura, documentari  e programmi high-concept.

L'evoluzione del mercato dell'intrattenimento in Francia, Giappone e U.S.A., ha comportato l'inevitabile sviluppo del fumetto, sempre più alla ricerca di nomi rubati al cinema o alla letteratura, di prodotti adatti al pubblico con accurate ricerche di marketing... Noi, invece, sembriamo arrancare; ci azzuffiamo per discorsi insensati su una presunta integrità artistica dell'autore, mentre le serie chiudono. Gli autori scaricano la colpa sull'incapacità degli editori, gli editori sui distributori e via di questo passo, fino alla conclusione scontata "in Italia non si legge, son tutti che guardano il grande fratello e non capiscono niente".

Io dico: arrendetevi. Il prodotto italiano non vende, ma quello giapponese o americano sì? Bene, usate pseudomini stranieri (fenomeno diffusissimo nell'editoria libraria), studiate i vostri diretti concorrenti, e allineatevi al sentire dei lettori.