Professione: Artista!

Oggi mi è arrivata la copia di Frank Miller - Matite su Hollywood e in linea con il nuovo orientamento che intendo dare al blog, ho intenzione di levarmi qualche sassolino dalla scarpa. Il luogo comune "In Italia c'è più gente che scrive di quella che legge" rimbomba ormai da tempo nell'ambiente editoriale; il 90% delle case editrici - secondo qualcuno - farebbe pagare all'autore le spese di pubblicazione. Navigando per forum e blog ho notato molti sedicenti autori criticare questa situazione, lamentando un degrado del mercato e una maggiore difficoltà a emergere. Nel fumetto la situazione è leggermente diversa; gli editori a pagamento sono meno, ma il circuito di vendite è molto più piccolo. Inoltre le fumetterie (circa 300 in tutta Italia) acquistano in conto assoluto, ovvero: comprano quello che ordinano, mentre librerie ed edicole hanno il diritto di reso. Questi ultimi due circuiti, per l'editoria libraria e fumettistica, implicano alti volumi di stampa e, necessariamente, di vendita. Di conseguenza viene riservata una maggiore attenzione alle esigenze del pubblico, perché aumenta il fattore di rischio. Gli autori incapaci di produrre materiale in linea con le esigenze degli editori mainstream lamentano l'impossibilità delle piccole realtà editoriali a fornirgli una distribuzione capillare, pubblicità, soldi, donnine licenziose e una limousine quando devono recarsi alle presentazioni.
Ora, finché questa gente si lamenta nel suo cantuccio e alla fine decide di andare da un editore-stamperia versando uno stipendio per vedere il proprio "capolavoro" prendere polvere sulla mensola della fidanzata, nessun problema. Ognuno è libero. Mi lascia interdetto però la presunzione di alcuni individui; la pretesa di essere talmente capaci di usare la penna o la matita da potersi permettere di sputare sul "lettore medio", stiracchiando un concetto di massa neofascista. Dai Grandi ho imparato l'umiltà. Ciò significa non innamorarsi delle proprie storie, essere pronti a correggere e a disfare il proprio lavoro, avere la pazienza di studiare classici e manuali, esercitarsi di continuo e imparare a conoscere il pubblico. Vedo piuttosto in molti una generica fretta di produrre, in una romantica e ignorante concezione di arte come flusso di coscienza. Di poeti contemporanei validi ne possiamo contare meno di una decina in tutto il mondo, eppure la produzione di sillogi è un'industria fertile. Con il pretesto del "verso libero" e delle "licenze poetiche" chiunque si sente in grado di produrre porcate sgrammaticate melense o deprimenti, senza magari conoscere nemmeno Kavafis o Neruda, Ginsberg o Whitman. In pochi hanno il coraggio di ammettere che la poesia è il paravento dietro cui si nascondono pigrizia e fretta di vedersi stampati. A volte ti trovi questi parassiti dietro le cattedre dei corsi di scrittura creativa o di sceneggiatura, a diffondere l'oblio dentro i loro cervelli.
Io non ho mai pagato per pubblicare, né per partecipare a concorsi e non ho la presunzione di dire che sia la strada giusta; è una mia scelta. A volte ci sono davvero talenti visionari costretti a dover contribuire alle spese di stampa per diffondere il loro lavoro (attenzione: se t'identifichi in questa frase, non è il tuo caso) così come ci sono giovani capaci, al primo colpo, di entrare in grosse case editrici. Io sto facendo un po' di gavetta, perché scrivere mi piace e voglio imparare. Sulla mia strada ho incontrato editori più o meno onesti e più o meno abili; col tempo, mi farò le ossa. Con il saggio su Frank Miller Edizioni XII mi ha dato la possibilità di intervenire in ogni passaggio della produzione e promozione del testo, indipendentemente dal fatto di rivestire la carica di direttore di collana. L'associazione milanese ha deciso di adottare nei confronti dei propri autori dei criteri di onestà e trasparenza (così come di severità e precisione) tali da renderla una realtà davvero unica. Ogni tassello del catalogo è frutto di un lavoro di selezione ed editing molto lungo e spero che questa politica, nel lungo periodo, premi.
Quando si lavora in queste condizioni si comincia ad adottare una visione d'insieme e una prospettiva più attenta al lettore. Imparare a scrivere e confezionare un "prodotto" editoriale di successo è il primo passo per l'acquisizione degli strumenti necessari a realizzare la vostra opera d'arte. Io credo sia già un traguardo diventare un buon artigiano, divertendosi con il proprio lavoro e campando di esso. Certo è che per scrivere qualcosa di "nuovo" e "originale" bisogna aver studiato e prodotto molto, ma soprattutto aver accettato il fatto di rivolgersi un pubblico meritevole di rispetto. Ho conosciuto neo-realtà editoriali che non sanno nemmeno cosa stiano producendo, disegnatori fermi agli albetti della loro gioventù, soggettisti sgrammaticati, autori completi capaci solo di scimmiottare senza aver capito davvero.
Non esiste arte senza sacrificio,
so long,
           VS